Il cronista, o se preferite il giornalista, deve sottostare a delle regole morali e comportamentali abbastanza semplici: una tra queste, è il suo dover essere asettico, distaccato dalla notizia, un narratore che non entra nella scena ma semmai la scruta, la guarda, la valuta e la descrive.
Ovviamente, la commozione e il trasporto psicologico e affettivo sono considerati delle forze negative, delle criticità, elementi di disturbo da allontanare, soffocare, ripudiare.
Confesso che avere intervistato Stefano Spera, mi ha messo in alcuni momenti di fronte ad un bivio: da un lato c’erano l’emozione, la meraviglia, dall’altro il distacco. Spesso le due posizioni mi sono apperse confuse, non conflittuali e sovrapposti.
Lungi dal volere esaltare la sua personalità e il suo carattere, (credetemi, non ne ha bisogno), di Stefano Spera è doveroso narrare alcuni aspetti caratteriali ed artistici che in quel dialogo di metà giugno, secondo la mia percezione, sono venuti fuori.
Come tutti sanno, Stefano vive una condizione umana particolare, con una capacità di movimento ridotta ai minimi termini. Certamente, sono condizioni, queste, che travagliano l’uomo, lo abbattono….
Stefano non è un “normale”, ma un super-uomo, che apparentemente (quanto siamo miopi noi uomini!!), ha dei limiti esteriori, ma che in lui diventano delle molle capaci di trasformarlo in navigatore, esploratore, cronista e scrittore e proiettarlo nelle periferie sconosciute dell’ Universo.
Nel corso dell’intervista Stefano parla di “comunicazioni” che lui riesce ad instaurare con gli “altri”, cioè il mondo, diventando con esso (e con essi), un tutt’uno.
C’è da porsi la domanda: chi è Stefano Spera?
Domanda facile: la risposta invece è difficilissima.
Secondo me in lui c’è lo spirito libero di colui che ha scelto di dare un valore estremo a questo aggettivo (libero) e che lo pone al centro del mondo (e non del suo mondo, troppo ristretto per la sua sensibilità, ma dell’intero pianeta) e lo rende protagonista attraverso i blog, quindi, di un mondo collaterale ma mai virtuale, dove traspare il suo essere profondo, ansioso, critico e dove il suo “saper scendere nell’anima dei suoi personaggi”, non è una semplice e passeggera inquietudine, ma una universale capacità di percepire l’età e i contesti che tutti noi stiamo vivendo.
Amatissimo dai suoi concittadini belmontesi (amore ricambiato), Stefano è quasi un simbolo di questa comunità: mille e ancora mille difficoltà possono essere superati, se si crede, se la speranza, fiamma da tenere sempre accesa, non si fa invece spegnere dallo scoramento.
Lui è li, fermo, fragile, indifeso….. apparentemente.
E invece dalle sue narrazioni e dalle sue riflessioni emerge un uomo forte, capace di metterci in crisi nel “nostro quotidiano essere normali”, incapaci, noi, di vivere mondi paralleli.
Stefano invece è abile nel costruite scenari diversificati che in lui si deformano, perché in lui la forza interiore lotta “la costante matematica, spazio-tempo” piegandola, modellandola, colorandola di tanta vivacità, come farebbe qualunque altro uomo, che come lui, ama il mondo e la vita.
Grazie, ragazzo…….
Ecco la mia intervista pubblica il 24 giugno scorso nelle pagine del giornale di Sicilia.
La prima cosa che colpisce incontrando Stefano Spera sono i profondi occhi azzurri proprio come il cielo di Belmonte Mezzagno, in un caldo pomeriggio di giugno. Nelle campagne ancora verdi, Stefano, 32 anni, una laurea in Scienze Politiche, conquistata con un 110, ha tanta voglia di parlare di sé, come se quel dialogo, spesso trasformato in lungo monologo, contenesse un fiume in piena, tanta voglia di dire, raccontare, trasmettere e condividere gioie, emozioni, saperi e dolori a causa di quella maledetta distrofia muscolare di Duchenne che sta segnando la sua vita. Parla con breve pause, dovute al ventilatore artificiale che lo aiuta e dopo i saluti si racconta: “I miei racconti parlano di storia, di antropologia, di Sicilia. Sono attratto dal Risorgimento, che ha segnato la storia della nostra penisola. Ma non mi fermo a questo, mi sento un cantore della vita, mi incuneo nei meandri dell’esistenza e cerco di tirare fuori, sia il bello che quello che piace meno.” Ha ricevuto da Papa Francesco un Crocifisso e una lettera che si guarda bene di mostrare al cronista. “No, la tengo per me, posso dire che mi ha ringraziato per avergli mandato la mia tesi di laurea”. Già la Tesi!, un puzzle variegato da tante tessere apparentemente disarmonizzate ma che, a guardar bene, racchiudono tante facce delle stessa medaglia: l’uomo tra politica e religione. “Si – continua Stefano – la tesi l’ho voluto complessa, come è l’uomo unificando tre temi, Il cattolico in politica nell’Evangelii Gaudium di Bergoglio, Le persone e il bene comune in Jacques Maritain, I rapporti tra cattolicesimo, protestantesimo e capitalismo”. Tanta carne al fuoco, ben condita che profuma di vita. “Mi piace scrivere – dice- mi piace osare, raccontare, fantasticare. Finora, racconti, ma presto sfiderò me stesso con un romanzo”…che ovviamente è top secret. Spesso gli occhi si perdono verso dimensioni lontane, verso quell’elmo colle che che all’orizzonte oltre le campagne belmontesi, leopardianamente parlando, viaggia verso quell’infinito oltre la strada che si inerpica verso Santa Cristina. “Si è questo il mio posto ideale – confessa timidamente- qui penso, raccolgo le mie idee. Il racconto Disabilamore è nato qui. E’ la storia di Giorgio che vince una medaglia alle Paraolimpiade, dopo l’amputazione delle gambe a causa di un incidente. Ma i suoi arti inferiori sono l’amore per Laura e la forza interiore”. Stefano continua a elencare i suoi lavori, ma non è una recita numerica; per ogni lavoro, si ferma e spiega: “Nel racconto Padri di famiglia parlo del distacco fisico nel sentimento più puro che ci possa essere, tra un padre e una figlia: lui ricercato dalle forze dell’ordine per un reato mai commesso, fugge oltreatlantico, ma una parte della sua anima la lascia in Sicilia custodita dalla figlia”. Il distacco è un tema affrontato spesso da Stefano: “Si è vero! – respira profondamente – l’emigrazione nei miei romanzi vuole essere trattata con completezza, con veridicità. Parlo dei nostri emigranti del secolo scorso, per trattare con equilibrio e pacatezza i flussi migratori attuali verso la nostra isola, che il simbolo mediterraneo dell’accoglienza e dell’inclusione. La diversità è sempre ricchezza” . Tutto il paese lo ama, è un punto di riferimento culturale dell’intera comunità belmontese, amici e parenti mi fanno sentire la loro vicinanza che non è solo contatto fisico. “Io dialogo con tutto il mondo grazie ai social e ai software di nuova generazione”. Si perché quella maledetta distrofia con gli permette più l’uso delle mani, ma lui non si arrende: “La tecnologia mi aiuta, quasi mi restituisce ciò che la natura mi ha tolto”. Stefano ama lo sport, ma il ciclismo è quello che lo fa emozionare. Si è cimentato pure in qualche intervista: “Damiano Caruso e Giovanni Visconti li ho sentiti e ho fatto pure qualche domanda. Ma confesso che ho un sogno nel cassetto: vorrei incontrare il campione che si è speso molto contro la distrofia di Duchenne e cioè Vincenzo Nibali. Mi piacerebbe incontrarlo e ringraziarlo. Gli vorrei chiedere dove trova la forza per vincere una Sanremo una corsa che era, per le sue caratteristiche, impossibile vincere.” Impossibile, un aggettivo che per Vincenzo Nibali e per Stefano Spera, potrebbe essere eliminato dal vocabolario: ma chissà forse un giorno, ne potranno parlare assieme, incontrandosi. Non è impossibile.
Valentino Sucato