#Gocce di Vangelo odierno del 29 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Vangelo secondo Luca: (Lc 16,19-31):

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi».
E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».

«Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»

Nel Vangelo odierno Gesù ci parla del premio o del castigo che avremo dopo la morte a conseguenza del nostro comportamento.
Gesù lascia chiara l’esistenza dell’inferno descrivendo alcune delle sue caratteristiche: la pena che soffrono i sensi «intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma», (Lc 16,24) e la sua eternità, «tra noi e voi è stato fissato un grande abisso» (Lc 16,26), ma quello che più mi rimane in evidenza è quando il ricco, che si trova agli inferi, invoca Abramo e intercede per la sua famiglia che è ancora sulla terra; certo la sua intercessione non è stata accolta, ma per farla vuol dire che in cielo c’è chi intercede per noi : «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento».
Bisogna spogliarsi dell’uomo vecchio ed essere liberi per poter amare il prossimo. Dobbiamo rispondere alla sofferenza dei poveri, dei malati o degli abbandonati. Sarebbe bene che ricordassimo questa parabola con frequenza perché ci faccia più responsabili della nostra vita. A tutti giunge il momento della morte. E dobbiamo essere sempre preparati perché un giorno saremo giudicati.

#Gocce di Vangelo odierno del 27 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,1-12

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

«Uno solo è il vostro Maestro … uno solo è il Padre vostro… uno solo è la vostra Guida»

Nel Vangelo odierno Gesù evidenzia l’importanza dell’essenza all’apparenza.
All’epoca di Gesù c’erano molti “influenzer” che pregavano e attuavano per essere visti, per essere riverenziati: semplice fantasia, personaggi di cartapesta che non riuscivano a spronare la crescita e la maturità del loro prossimo. I loro atteggiamenti e la loro condotta non segnalavano il cammino che conduce a Dio: «Non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» (Mt 23,3).
Oggi, ancor di più, ci sono personaggi che assumono una condotta che ci avviano verso un’esistenza vertiginosa, fatta di sola apparenza, soldi, bellezza artificiale ecc…, indebolendo in noi il senso della trascendenza. Non permettiamo che questi riferimenti ci facciano perdere di vista il vero Maestro: «Uno solo è il vostro Maestro; (…) uno solo è il Padre vostro (…) uno solo è la vostra Guida, il Cristo» (Mt 23,8-9).
Questo è il momento di rafforzare le nostre convinzioni, quali discepoli di Gesù Cristo. Cerchiamo di avere momenti sacri di intimità con Lui attraverso il digiuno e la preghiera, dove ci rincontreremo con noi stessi e con il vero Modello e Maestro. E davanti a situazioni concrete, in cui molte volte non sappiamo come reagire, potremo domandarci:
Che direbbe Gesù?
Come si comporterebbe Gesù se fosse in questo momento al posto mio?

#Gocce di Vangelo odierno del 23 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,20-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

“Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello”

Nel vangelo odierno troviamo il fulcro per vivere la vera libertà spirituale: il perdono.
Il Signore ci invita ad essere persone integre, ci chiede di riconciliarci con i nostri nemici. Un primo passo nel cammino della riconciliazione è`pregare per i nostri nemici´, come Gesù richiede. Se questo ci risulta difficile, allora, sarebbe bene ricordare e rivivere, nella nostra immaginazione, la figura di Gesù morente per quelli, verso i quali sentiamo fastidio. Se siamo stati gravemente offesi, preghiamo perché venga cicatrizzato il doloroso ricordo e per ottenere la grazia di poter perdonare. E, mentre preghiamo, chiediamo al Signore che retroceda con noi nel tempo e nel luogo dove è avvenuto l’affronto, sostituendola con il Suo amore perché, in questo modo possiamo sentirci liberi per poter perdonare. Se vogliamo presentarci davanti a Lui, dobbiamo anche metterci in cammino per un incontro reciproco. Perciò è necessario imparare la grande lezione del perdono; non lasciare annidare nel cuore il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità con l’altro, aprire il cuore alla comprensione, alla possibile accettazione delle sue scuse ed alla generosa offerta delle proprie: come oggi ha sbagliato lui, domani potrò sbagliare io.

#Gocce di Vangelo odierno del 22 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16,13-19

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»

Nel vangelo odierno vediamo che Gesù, una volta risorto, confermò una missione a Simone Pietro. Lui, che profondamente pentito aveva già pianto la sua triplice negazione davanti a Gesù, ora fa una triplice manifestazione d’amore: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). Allora, l’Apostolo vide con sollievo come Gesù Cristo non si disdisse di lui e, per tre volte, lo confermò nel ministero che le era stato annunciato prima: «Pasci le mie pecore» (Gv 21, 16.17).
Questo ministero non è per merito proprio, come neanche lo fu la dichiarazione di fede di Simone in Cesarea: «Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). Si tratta di un ministero ricevuto per servire.
E tu, io, conosciamo il nostro ministero? Ciò a cui Dio ci ha chiamati?
Abbiamo mai invocato lo Spirito Santo per chiederlo?
Qual’è la nostra fede?, a che cosa crediamo?
Facciamoci un esame di coscienza.

#Gocce di Vangelo odierno del 21 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,29-32

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del  giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

«Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione»

Il vangelo odierno ci presenta fatti della storia del popolo di Dio che possono aiutarci a convertirci e a mutare vita. Nel vangelo di oggi, Gesù riporta due episodi del passato: Giona e la regina di Saba, e lo trasforma in specchio in modo da scoprire in essi la chiamata di Dio alla conversione.
Gesù chiama malvagia la generazione, perché non vuole credere in Gesù e continua a chiedere segnali che possano indicare che Gesù è inviato dal Padre. Ma Gesù rifiuta di dare questi segni, perché, in definitiva, se chiedono un segno è perché non credono. L’unico segno che sarà dato è quello di Giona.
Il segno di Giona è stato un segnale per la gente di Ninive mediante la sua predicazione. Ascoltando Giona, il popolo si convertì. Così pure la predicazione di Gesù era un segno per la sua gente, ma la gente non dava segni di conversione: “Così come Giona passò tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così anche il Figlio dell’Uomo passerà tre giorni e tre notti nel seno della terra” (Mt 12,40).
Ecco la meravigliosa preghiera che fece Giona e che noi dovremmo vivere pienamente in noi: Signore, so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere”!» (Giona 4,1-3). Per questo, Giona era un segno per i giudei del tempo di Gesù e continua ad esserlo per noi cristiani perché preferisce la morte al peccato, perché preferisce morire purché vedere un suo fratello non convertito; “che fede!”.

#Gocce di Vangelo odierno del 17 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,27-32

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano»

Nel Vangelo odierno Gesù esprime a chiare lettere la Sua vicinanza ai più deboli, che non sono solo i poveri ma soprattutto i peccatori, quelli che non hanno ancora conosciuto l’Amore di Dio. Egli chiama tra i  primi l’ “esattore delle imposte” Levi, al quale, senza preamboli dice: «Seguimi» (Lc 5,27). Levi veniva da un ambiente dove veniva rifiutato da tutti i suoi compatrioti, giacché veniva giudicato perché pubblicano, collaborazionista dei romani, colui che opprimeva i poveri al riscuotere le imposte; un peccatore pubblico.
Quelli che si consideravano perfetti non potevano assolutamente pensare che Gesù non solo non li chiamasse a seguirlo, ma nemmeno che si sedessero alla stessa mensa.
Ma, con questo atteggiamento di sceglierlo, Gesù ci dice che piuttosto è di questo tipo di gente di cui Gli piace servirsi per estendere il suo Regno; ha scelto i malvagi, i peccatori, quelli che non sono creduti giusti: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1Cor 1,27). Sono questi quelli che hanno bisogno del medico, e soprattutto, sono quelli che capiranno che gli altri hanno bisogno di loro.
Dobbiamo, quindi, evitare di pensare che Dio cerca i giusti, puliti e immacolati per servirlo. Dio vuole un cuore pentito ed umiliato. E’ questo il tipo di gente che, come dice il salmista, Dio non disdegna: il debole.

#Gocce di Vangelo odierno del 16 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,14-15

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

«Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?»

Nel vangelo odierno Gesù parla del digiuno.
Ma qual’è il vero digiuno?
Già il profeta Isaia, commenta qual’è il digiuno che Dio valuta di più: «Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà» (Is 58,7-8).
Gesù non insiste nella pratica del digiuno. Il digiuno è un’usanza molto antica, praticata in quasi tutte le religioni. Gesù stesso la praticò per quaranta giorni (Mt 4,2). Ma lui non insiste con i discepoli per fare lo stesso. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere perché Gesù non insiste nel digiuno.
In quanto allo sposo, sta con loro e quindi non hanno bisogno di digiunare. Gesù risponde con un paragone. Quando lo sposo sta con gli amici dello sposo, cioè, durante la festa delle nozze, loro non hanno bisogno di digiunare. Gesù si considera lo sposo. I discepoli sono gli amici dello sposo. Durante il tempo in cui lui, Gesù, sta con i discepoli, è la festa delle nozze. Verrà un giorno in cui lo sposo non ci sarà più. Allora, possono digiunare se così vogliono. In questa frase Gesù allude alla sua morte.
La Bibbia fa molto riferimento al digiuno. Era una forma di penitenza per giungere alla conversione. Mediante la pratica del digiuno, i cristiani imitavano Gesù che digiunò quaranta giorni. Il digiuno tende a raggiungere la libertà di mente, il controllo di sé, una visione critica della realtà. E’ uno strumento per mantenere libera la mente e per non lasciarsi trasportare da qualsiasi vento.
A Dio piace così e aspetta da noi tutto quello che conduce all’autentico amore verso i nostri fratelli. Il libro degli Atti ci dice ancora: «Si è più felici nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), queste parole ci aiutarono a scoprire questa stessa “dimensione caritativa” del digiuno che ci dispone, dall’intimo del nostro cuore a partecipare alla passione, morte e risurrezione di Gesù. Dare la propria vita per poterla possedere in Dio., con uno sforzo, per identificarci sempre di più con l’amore di Cristo che lo ha portato fino a dare la vita sulla Croce.

#Gocce di Vangelo odierno del 15 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,22-25

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

“quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”

Il Vangelo odierno ci indica la via di salvezza: la “croce” che Lui stesso ha vissuto sulla propria vita.
Il nostro cammino verso la santità, essenzialmente, non è differente da quello di Gesù, e ci indica qual’è il modo di seguirLo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me…» (Lc 9,23).
Abbracciato alla Sua Croce, Gesù seguiva la volontà del Padre, noi, caricando la nostra sulle spalle, ci immergiamo nel Suo stesso cammino imitandolo in tutto.
Il cammino di Gesù, viene sintetizzato in tre parole: crescere in fede, morte, risurrezione. Il nostro cammino viene anch’esso costituito da tre aspetti: negare noi stessi fer far crescere Lui in noi, prendere ogni giorno la croce e risorgere con Gesù.
Se qualcuno non nega sé stesso e non prende la croce, vuole affermare solo sé stesso, vuole «salvare la sua vita» in senso materiale, come dice Gesù. Ma, volendo salvarla, la perderà. Invece, chi cerca di non evitare la sofferenza e la croce, per Gesù, salverà la sua vita. E’ il paradosso di seguire Gesù: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25).

#Gocce di Vangelo odierno del 13 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 8,14-21

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

“Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? ….. Non comprendete ancora?”

Nel Vangelo odierno Gesù ci parla di come deve essere la fede.
La fede non dipende dalle opere, sono le opere che dipendono dalla fede. Avere una autentica fede comporta una fede attiva, dinamica, guidata dallo Spirito Santo che vive in noi e per accrescerla bisogna conoscere, studiare la Parola.
La vera fede non è condizionata per far vedere le apparenze, la nostra fede deve essere vera, bisogna vedere attraverso gli occhi di Dio e non con gli occhi dell’uomo peccatore: «Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito?» (Mc 8,17).
Gesù si era rattristato vedendo la “durezza di cuore” dei discepoli stessi che hanno ancora il “cuore indurito” (Mc 8,17), non capiscono più nulla, perché “hanno occhi e non vedono, ascoltano, ma non intendono” (Mc 8,18). Inoltre, l’immagine del “cuore indurito” evocava la durezza di cuore del popolo che si allontanava sempre dal vero cammino, come il mondo di oggi che da false immagini su Dio o sulle religioni; visti i fatti violenti, assurdi degli ultimi tempi, il maligno vuol far credere che: (più ti avvicini a Dio più entri nel fanatismo), attenzione! Apriamo bene le orecchie e il cuore; chi crede alla voce del mondo non ha Dio.
La causa dello scontro tra Gesù ed il mondo non è dovuta a cattiva volontà da parte del mondo, ma il mondo non capisce perché è confuso dalle apparenze, quelle che vanno contro Dio, si servono della religione per criticare e condannare Gesù (Mc 2,7.16.18.24; 3,5.22-30). Solamente accettando Gesù, il mondo sarà capace di aprire gli occhi e di capire il Mistero di Dio in Gesù.

#Gocce di Vangelo odierno del 12 febbraio – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 8, 1-13

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

“Perché questa generazione chiede un segno? “

Nel vangelo odierno Gesù invita al discernimento, sembra che ai giudei che interrogano Gesù manca la capacità o la volontà di discernere, così come accade a noi oggi: abbiamo bisogno di vedere per credere; Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno! (Gv 20,26-29).
I cristiani spesso chiediamo un segno, quello che facciamo è chiedere a Dio di agire d’accordo al nostro modo, cioè spesso vogliamo che Dio faccia la nostra volontà, mettendo da parte la Sua. E Dio, che sa e può di più (e per quello chiediamo nel Padre Nostro che sia fatta la “sua” volontà), ha le sue strade, anche se a noi non ci sia semplice capirle. Ma Lui, che si lascia trovare per tutti quelli che lo cercano, se anche gli chiediamo discernimento, ci farà capire qual’è il suo modo di agire, e come possiamo riconoscere oggi i suoi segni. Lui, nella persona dello Spirito Santo é dentro di noi; basta mettersi all’ascolto.