Messa in sicurezza. Schifani: «Metteremo al riparo abitazioni e attività commerciali»





Un milione e duecentomila euro per progettare la messa in sicurezza del torrente Zafferia, nella zona sud di Messina, e porre al riparo da possibili esondazioni l’omonimo villaggio e la borgata di Case Monalla, densamente abitate. La gara per affidare indagini e pianificazione di un intervento atteso da decenni è stata pubblicata dalla Struttura commissariale per il contrasto al dissesto idrogeologico, che fa capo al presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Il team guidato da Maurizio Croce ha fissato al prossimo 28 luglio la data di scadenza per la presentazione delle offerte, che dovranno pervenire per via telematica nella sede di piazza Ignazio Florio.



«Prima nel ’96 e poi nel 2009 – ricorda il governatore Schifani – anche in questa zona quei terribili fenomeni alluvionali hanno provocato disastrose conseguenze. Abitazioni, infrastrutture pubbliche e attività commerciali sono rimaste fino a oggi sotto scacco a causa di un’asta fluviale abbandonata a se stessa e che puntualmente, in occasione di forti precipitazioni crea, come minimo, pesanti disagi. Adesso rimuoveremo, una volta per tutte, qualsiasi rischio con lavori che riguarderanno l’intero percorso del torrente, soffocato da detriti e vegetazione e senza argini adeguati».



Lo Zafferia si snoda lungo il versante ionico peloritano per oltre cinque chilometri. Nel tratto che attraversa l’abitato sono presenti passerelle che puntualmente si rivelano insufficienti nei momenti di piena, mentre muri ormai antichi e cadenti offrono una protezione pressoché nulla ai capannoni industriali che si trovano a valle della strada statale 114. Proprio in questa zona sorgerà a breve un grande centro commerciale e sarà realizzata una bretella che consenta di raggiungerlo dalla tangenziale. Le opere previste – dalla pulizia dell’alveo alla realizzazione di briglie e vasche per il deposito dei sedimenti, fino alla risagomatura e alla fortificazione delle sponde – serviranno anche a rendere sicura la viabilità.

Enti locali, dalla Regione 6 milioni annui per l’adeguamento delle indennità di sindaci e assessori

Enti locali, dalla Regione 6 milioni all’anno ai Comuni per l’adeguamento delle indennità di sindaci e assessori

L’assessore regionale alle Autonomie locali e della Funzione pubblica, Andrea Messina, ha firmato il decreto che attribuisce un sostegno finanziario ai Comuni siciliani che abbiano applicato l’incremento delle indennità degli amministratori in base alla vigente normativa statale.

L’importo previsto è di 6 milioni di euro all’anno, per il triennio 2023/2025. I criteri di assegnazione delle somme tengono conto degli orientamenti formulati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali.

«Con questo contributo – dice l’assessore Messina – la Regione vuole essere vicina ai sindaci e agli amministratori locali che svolgono un ruolo strategico a servizio della cittadinanza. Siamo consapevoli del lavoro giornaliero che svolgono sul territorio: sono loro a rappresentare il più immediato riferimento nel rapporto tra istituzioni e cittadini e a garantire i servizi essenziali a tutta la cittadinanza”.

La somma spettante a ciascun Comune potrà essere assegnata a seguito di apposita istanza da far pervenire al dipartimento regionale delle Autonomie locali, entro il 31 ottobre di ciascun anno, unitamente alla delibera di adeguamento delle indennità, che dovrà indicare i conseguenti maggiori oneri a carico dell’amministrazione comunale.

Ai fini dell’erogazione, ai Comuni sarà trasferito un acconto pari al 60% del contributo assegnato, che dovrà essere rendicontato entro i termini e nelle forme previste dalla legge; il saldo sarà erogato a seguito dell’acquisizione di apposita attestazione, in considerazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti.

Il decreto e tutte le tabelle con le determinazioni dei maggiori oneri e il contributo regionale per singolo ente sono stati pubblicati sul sito istituzionale e consultabili a questo link

https://www.regione.sicilia.it/istituzioni/servizi-informativi/decreti-e-direttive/n-260serv-4-30062023

Erosione costiera, i Comuni potranno riutilizzare i materiali rimossi dai fiumi. Pubblicato l’avviso


L’Autorità di bacino della Presidenza della Regione ha pubblicato l’avviso pubblico rivolto ai Comuni siciliani interessati da erosione costiera, per il riuso dei materiali sabbiosi e ghiaiosi tratti dai corsi d’acqua in occasione di interventi di manutenzione o mitigazione del rischio idraulico. Un sistema “circolare” che mira a riciclare questi materiali ai fini produttivi, per mettere in sicurezza le coste e garantire l’incolumità della popolazione.



L’Autorità di bacino ha già individuato i corsi d’acqua in grado di rifornire tempestivamente i Comuni, le Città metropolitane e gli enti consortili interessati, che avranno sessanta giorni da oggi per presentare l’istanza.



La domanda dovrà essere inoltrata tramite l’apposito modello scaricabile dal sito dell’Autorità di bacino a questo indirizzo

Fai clic per accedere a 2023_Avviso_Pubblico.pdf

e inviata a mezzo Pec all’indirizzo autorita.bacino@certamil.regione.sicilia.it.

60 anniversario della Strage di Ciaculli

Cade oggi, 30 giugno 2023, il 60° anniversario della “strage di Ciaculli”, uno dei primi sanguinosi eccidi perpetrati dalla mafia.



Stamattina, alla solenne cerimonia, iniziata con un tributo alla memoria e con la lettura delle motivazioni delle Medaglie d’Oro al Valor Civile a suo tempo concesse dal Presidente della Repubblica, hanno partecipato il Prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il Comandate Militare dell’Esercito in Sicilia Generale di Divisione Maurizio Angelo Scardino, il Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia” Generale di Divisione Rosario Castello e l’Assessore Alessandro Aricò in rappresentanza del Presidente della Regione, nonché altre autorità militari e civili, insieme ad una rappresentanza dei familiari delle vittime e delle associazioni combattentistiche e d’Arma.



Era il 30 giugno 1963, quando un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo esplose provocando la morte di 7 uomini dello Stato tra artificieri dell’Esercito, Carabinieri e Poliziotti. Nell’esplosione, avvenuta in Contrada Ciaculli a Palermo, rimasero uccisi il Maresciallo Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci dell’Esercito, il Tenente Mario Malausa, il Maresciallo Capo Calogero Vaccaro e gli Appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli dei Carabinieri, il Maresciallo della Polizia Silvio Corrao.



A seguito di una telefonata alla Questura di Palermo che avvisava della presenza sospetta di un’autovettura, una pattuglia dell’Arma dei Carabinieri, unitamente a un sottufficiale di Polizia in forza alla Squadra Mobile della Questura, si recò a Ciaculli, rinvenendo la Giulietta abbandonata con le portiere aperte.



Sospettando che si trattasse di un’autobomba venne chiamata una squadra di artificieri che ispezionò l’auto e tagliò la miccia di una bombola trovata all’interno, dichiarando il cessato allarme; tuttavia l’apertura del bagagliaio da parte del Tenente Mario Malausa, Comandante della Tenenza di Roccella, causò l’esplosione della grande quantità di tritolo ivi contenuta, provocando la morte dei 7 uomini dello Stato.



La giornata in ricordo dei caduti nella strage di Ciaculli è proseguita presso il Complesso monumentale dello Steri, a Piazza Marina, dove si è tenuto un convegno dal titolo “La strage di Ciaculli del 30 giugno del 1963, una lettura sessanta anni dopo.”



Un’attenta analisi storica e al contempo un’occasione di riflessione che ha aperto i suoi lavori sulle note della Fanfara del XII Reggimento Carabinieri Sicilia.



Il convegno, moderato dal Dott. Giovanni Pepi, è iniziato con il saluto del Dott. Massimo Midiri Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, per poi proseguire con gli interventi del Generale Castello, del Dott. Gioacchino Natoli già Presidente della Corte di Appello di Palermo e del Dott. Manlio Corselli Docente dell’Ateneo.



Il Comandate della Legione Carabinieri “Sicilia” ha sottolineato come la strage si colloca storicamente nel corso della prima guerra di mafia e di come centrale è stata la figura del Tenente Mario Malausa, arrivato volontario a Palermo. Un periodo di grande importanza, di risveglio delle coscienze, durante il quale le istituzioni dello Stato ed i cittadini iniziarono a porre attenzione alla complessità del fenomeno mafioso.



È stato lo stesso Generale Castello a chiudere l’incontro con l’auspicio di lavorare sulle nuove generazioni, ricordando con le sue parole Padre Pino Puglisi che per cambiare la mentalità mafiosa ha speso la sua vita a fianco dei più giovani.

Albero via D’Amelio, la Regione riconoscerà il vincolo di interesse culturale



L’Albero della pace in via D’Amelio riceverà dalla Regione Siciliana il vincolo di “interesse culturale”.
L’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Francesco Scarpinato, ha dato mandato alla Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo di avviare il procedimento di dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante dell’ulivo piantato sul luogo in della strage in cui persero la vita il giudice antimafia Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, sia per il suo riferimento con la storia, sia quale testimonianza unica della identità delle istituzioni collettive.

«L’albero piantato in via d’Amelio riveste un valore testimoniale, identitario e civico di carattere eccezionale e la sua salvaguardia assume una forte valenza simbolica in quanto esempio tangibile di partecipazione e di legalità – afferma il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – A poche settimane dal 31° anniversario della strage del 19 luglio 1992, è un ulteriore segno di attenzione del nostro governo alla valorizzazione della memoria e dell’impegno nella diffusione di una cultura antimafia».

«Abbiamo fortemente voluto accelerare l’iter perché siamo consapevoli dell’importanza sociale che questo luogo riveste per l’intera comunità – sottolinea l’assessore Scarpinato – L’ulivo proveniente dalla Terra Santa e piantumato nel primo anniversario della strage è diventato un segno di rinascita, un punto di riferimento per tutti i cittadini, soprattutto per i bambini, le associazioni, le famiglie, che non dimenticano quell’orrore e che ancora lasciano sui rami e ai piedi del fusto un pensiero, un disegno, una dedica alle vittime, testimoniando la volontà di alimentare la memoria di un evento che oggi è parte dell’identità collettiva. Proprio come avvenuto per la magnolia di via Notarbartolo davanti all’abitazione del giudice Giovanni Falcone, ucciso a Capaci nel 1992, l’albero di via D’Amelio è patrimonio condiviso di ricordi su cui si fonda la storia e quindi l’identità del luogo in cui è avvenuto il tragico evento».

Nella giornata di oggi la soprintendente ai Beni culturali di Palermo, Selima Giuliano, ha notificato al Comune di Palermo l’avvio del procedimento amministrativo per il riconoscimento della tutela del bene.

Misilmeri, operaio forestale ricoverato al Civico



Grave incidente stamani nell’area forestale di Monte Gulino. Un operaio forestale misilmerese di 55 anni, Benedetto Falletta, rimasto ferito durante le fasi di lavoro assegnatogli . L’uomo mentre usava il decespugliatore è caduto riportando gravi lesioni. Immediati i soccorsi e considerato la conformazione del sito l’uomo è stato prima trasportato con i mezzi del 118 nell’area del campo sportivo Giovanni Aloisio dove ad attenderlo c’era un elicottero del 118. L’uomo di trova ricoverato all’ospedale Civico.


REDDITO DI CITTADINANZA: 39 DENUNCIATI

CONTROLLI DEI CARABINIERI SUI BENEFICIARI DEL REDDITO DI CITTADINANZA. 39 I DENUNCIATI CON UN DANNO ALL’ERARIO DI OLTRE 460.000 EURO. TRA GLI INDAGATI ANCHE PROPRIETARI DI IMMOBILI E 6 PERSONE SOTTOPOSTE A MISURA CAUTELARE DI CUI UNO CONDANNATO PER RAPINA.

Dall’inizio dell’anno, all’esito di accertamenti, sviluppati attraverso uno screening che ha riguardato l’esame delle pratiche di oltre 120 persone, i Carabinieri della Compagnia di Taormina e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Messina hanno denunciato ben 39 persone, presunte responsabili di truffa aggravata, per aver percepito, senza averne diritto, il sussidio statale del reddito di cittadinanza.
Dalle indagini è emerso che 19 percettori, oltre all’abitazione di residenza, risultavano anche proprietari di altri immobili; una persona destinataria del beneficio, in particolare, è risultata addirittura la proprietaria di tre case situate in una nota località balneare.
Inoltre, è emerso che avrebbero percepito illecitamente il sussidio anche 6 persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari, di cui 5 per la commissione di reati nell’ambito del traffico di stupefacenti e uno per reati contro il patrimonio, già condannato per rapina.
Sono stati, altresì, individuati anche 10 cittadini stranieri che avrebbero dichiarato falsamente di essere residenti in Italia da almeno 10 anni, requisito necessario per la percezione del reddito di cittadinanza.
Altri 4 percettori risultavano invece conviventi con soggetti destinatari di altre fonti di reddito, in particolare una donna che è risultata la convivente di un libero professionista, proprietario di vari appartamenti.
All’esito delle verifiche è risultato che l’I.N.P.S., l’ente che eroga il beneficio, ha corrisposto in favore degli indagati, complessivamente, oltre 460.000 euro. Pertanto, sono state attivate le procedure per il recupero delle somme illecitamente percepite e per l’immediata sospensione del sussidio.

Archeologia, ritrovato a Segesta un altare ellenistico


Nuovo prezioso ritrovamento a Segesta: seppellito per secoli da pochi centimetri di terra e dalla vegetazione, nell’area dell’acropoli Sud è tornato alla luce un altare presumibilmente di epoca ellenistica, composto da due raffinati elementi lapidei scolpiti.

«Questo eccezionale reperto rinvenuto conferma l’inestimabile valore storico e artistico che i siti archeologici rappresentano per il nostro territorio – dichiara il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – testimonianza di un passato glorioso, ancora da scoprire e interpretare. Migliorare la fruizione di questi luoghi significa permettere a turisti e visitatori di vivere esperienze culturali immersive e di godere di un patrimonio unico».

«Il Parco archeologico di Segesta non finisce mai di stupirci – afferma l’assessore regionale ai Beni culturali e all’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – Gli scavi continuano a riportare alla luce resti sempre diversi, che aggiungono nuove prospettive e chiavi di lettura a un sito dove sono stratificate molteplici civiltà. È la conferma di un impegno profuso per restituire valore aggiunto a un luogo affascinante, attrazione per i turisti di ogni provenienza geografica».

La scoperta è avvenuta nei pressi dell’edificio denominato Casa del Navarca, in una zona finora poco esplorata, nell’ambito del progetto di manutenzione e fruizione dei fronti di scavo, proprio mentre alcuni operai ripulivano il terreno da sterpaglie e vegetazione spontanea. Entrambi i reperti sono a forma di tronco piramidale, in perfetto stato di conservazione, e dovrebbero costituire un altare per il culto familiare e un supporto per una scultura o un elemento di finitura. L’altare era stato pensato per essere adagiato alla muratura e presenta nella parte mediana posteriore un alloggiamento per un gancio metallico. Leggendo l’opera in senso verticale, appare un solido basamento con modanature e piccoli ovuli che ricordano delle perline; al centro un festone in altorilievo con cesti dai quali traboccano fiori e frutta; la parte superiore ricorda la partizione delle trabeazioni degli antichi templi e si chiude con delle volute di gusto ionico che delimitano i bordi di un mattone in terracotta posto in orizzontale. Probabilmente doveva sigillare lo spazio destinato a reliquie di eroi o di antenati. Il secondo elemento riporta una superficie scalpellata per favorire l’adesione dell’intonaco che copriva almeno tre lati. Un piccolo brano, piuttosto spesso, è ancora visibile nella parte alta. Anche in questo blocco troviamo una cornice modanata e un piano orizzontale.

«Dopo la scoperta di una strada lastricata e di preziose pavimentazione – aggiunge il dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali, Mario La Rocca – vengono alla luce opere di rara bellezza, che confermano committenze di gusto elevato e la maestria degli antichi scultori del luogo». «La nostra intenzione, dopo i lavori di scavo e ricerca avviati con l’apporto dell’archeologa Alessia Mistretta dell’Università di Ginevra – sottolinea il direttore del Parco, Luigi Biondo – è quella di valorizzare il sito e renderlo fruibile ai visitatori in sicurezza. Queste scoperte portano nuova linfa vitale a un lavoro lungo e faticoso».

Studi più approfonditi e analisi di laboratorio potrebbero restituire altri preziosi dati e permettere di dare maggiori indicazioni sullo sviluppo artistico di una comunità ricca che non aveva dimenticato la grandezza delle opere della madre patria, ma aveva trovato il sistema di conciliare natura e artificio.

Gocce di Vangelo odierno del 30 giugno – rubrica di Santo Orlando

Gocce dal Vangelo odierno

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 8, 1-4

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

«Signore, se vuoi, puoi purificarmi»

Il Vangelo odierno ci mostra un lebbroso, pieno di dolore e consapevole della sua malattia, e che viene a Gesù chiedendo la purificazione. Anche noi, vedendo così vicino al Signore e vedendo il suo progetto di salvezza, dovremmo sentirci ansiosi e in grado di fare la stessa espressione del lebbroso: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (Mt 8.2).
Tuttavia, si impone una domanda: Una società che non ha coscienza del peccato, può chiedere il perdono del Signore?
Può chiedere purificazione? Tutti conosciamo molte persone che soffrono e il cui cuore è ferito, ma il suo dramma è non sempre sono coscienti della loro situazione personale. E invece, Gesù va oltre noi, giorno dopo giorno (cfr Mt 28,20), e si aspetta la stessa richiesta: «Signore, se vuoi…» (Mt 8.2). Però, dobbiamo anche collaborare.
Qualcuno potrebbe domandarsi, perché è così importante rendersi conto, convertirsi e voler cambiare? Semplicemente perché, altrimenti, non saremmo in grado di dare una risposta affermativa alla domanda precedente, in cui abbiamo detto che una società senza coscienza di peccato difficilmente sentirà il desiderio o la necessità di cercare il Signore per fare la sua richiesta di aiuto.
Così, quando arriva il momento della conversione è preciso eliminare il passato, dei mali che infettano il nostro corpo e la nostra anima. Non abbiamo alcun dubbio, chiedere perdono è un grande momento di iniziazione cristiana, perché è il momento nel quale la fascia cade dai nostri occhi. E se qualcuno è a conoscenza della sua situazione e non vuole convertirsi? Dice il famoso proverbio: «non c’è peggior cieco che quello che non vuol vedere».

Palazzo confiscato alla mafia, ospiterà gli alloggi di servizio dei militari




Il Palazzo Riela, bene confiscato alla mafia, ospiterà prossimamente gli alloggi di servizio destinati al personale dell’Arma dei Carabinieri.
A darne notizia è stato ieri mattina il Generale di Divisione Rosario Castello, Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, nel corso di una visita al Comune di Misterbianco, accolto dal sindaco Marco Corsaro.
Il Generale Castello ha comunicato lo stanziamento di fondi del Comando Generale che serviranno per la ristrutturazione e riqualificazione, entro il 2027, dell’intero immobile, un edificio composto da 6 piani fuori terra e 10 unità immobiliari, per una superficie complessiva di 2.758 mq, che contribuirà a soddisfare le esigenze abitative dei militari del Comando Provinciale Carabinieri di Catania.
La rifunzionalizzazione del bene sottratto alla criminalità organizzata è stata fortemente voluta dall’Arma, che ha inserito lo stabile nel progetto denominato “C.A.S.A. del Carabiniere 2030”, un programma ultra decennale di rinnovo del patrimonio infrastrutturale della Benemerita, finalizzato alla costruzione di nuove caserme e di poli alloggiativi di proprietà dello Stato.
La stazione appaltante sarà l’ufficio del Demanio che entro l’anno appalterà i lavori.
Allo studio una ulteriore proposta del Comune per la realizzazione di un nuovo immobile da destinare alla Tenenza dei Carabinieri.
Nel corso dell’incontro, presenti diversi Ufficiali dell’Arma, i componenti della Giunta Comunale ed il presidente del civico consesso, sono stati rinnovati i rapporti di collaborazione tra il Comune e l’Arma dei Carabinieri che è presente sul territorio con la Tenenza.
Nella circostanza, il Generale Castello ha evidenziato come “l’evento odierno segni un ennesimo importante risultato nella lotta alla criminalità organizzata, rafforzando le “buone pratiche” dell’antimafia sociale, nel solco dei principi ispiratori della legislazione in merito al riutilizzo dei beni confiscati ai sodalizi mafiosi”.
“Da un luogo inutilizzato – ha dichiarato il Sindaco Corsaro al termine dell’incontro – prende il via oggi un piano di risanamento che raggiunge due obiettivi: riqualifica un bene strappato alla criminalità e migliora la qualità della vita di coloro che lavorano, ogni giorno, per garantire la nostra sicurezza e la legalità a Misterbianco. Su questo bene – continua Corsaro – abbiamo lavorato in eccezionale e proficua sinergia con l’Arma dei Carabinieri che oggi ha dato un significativo segnale della volontà dello Stato di investire nella nostra città. I cittadini da anni ci chiedevano di dare una svolta al futuro dell’edificio che si trova nel cuore della città – conclude il primo cittadino – e così un altro dei beni confiscati nel nostro territorio si incanala in un percorso di recupero, così come da impegno assunto dall’amministrazione.”